UN VIAGGIO NELLA MEMORIA
Ten. CC. Guido Gussetti

La commemorazione dei Caduti durante la Prima Guerra Mondiale è affidata a manufatti dei quali le tipologie più diffuse sono la lapide ed il monumento, generalmente collocati, per esigenze di massima visibilità e rappresentatività, nel luogo principale dello spazio urbano, ovvero la piazza cittadina: in ogni paese, grande o piccolo, i centri storici presentano monumenti ai caduti e iscrizioni a loro ricordo. Gli ossari ed i sacrari, invece, sono strutture di maggiore dimensione, costruite per lo più fuori dai centri storici, anzi, spesso in luoghi isolati; tali costruzioni hanno molte analogie con i cimiteri, ma se ne distinguono notevolmente per due ragioni fondamentali: innanzitutto, i sacrari e gli ossari nascono con una dimensione già finita, senza prevedere ampliamenti o modificazioni nel tempo; inoltre, la loro funzione primaria è quella di ricordare un evento, dandone un'immagine sempre uguale a se stessa, quali luoghi deputati all'esercizio della memoria collettiva. Ma come nacque l'idea di erigere nuovi complessi monumentali, anziché continuare a costruire cimiteri di guerra ? Il progetto iniziale fu ideato nel 1920 dal Generale Morrone, che all'epoca dirigeva il Comitato Nazionale per le Onoranze ai Caduti in Guerra: egli sosteneva che i grandi concentramenti delle salme dei Caduti conferiscono il duplice carattere della perpetuità ”millenaria” e della monumentalità alle tombe di coloro che si immolarono per la Patria (caratteristiche che i cimiteri di guerra, sino ad allora costruiti, non hanno). Fu così che, a livello nazionale e con l'appoggio di Mussolini, si decise di rendere operativo il progetto del Gen. Morrone, poi proseguito dall' ufficiale che lo sostituì alla guida del Comitato, il Gen. Foracovi. Furono seguite tre linee per la costruzione dei principali monumenti, corrispondenti ai principali fronti della Grande Guerra: la prima lungo l'Isonzo, la seconda lungo il Piave, la terza dal Cadore al Tonale, passando per il Monte Grappa ed il Pasubio. Venendo alle nostre zone, tutti sappiamo che l'area di Schio fu uno dei teatri più importanti della Grande Guerra. La città e i suoi dintorni videro scontrarsi, per tre lunghi anni, gli eserciti italiano ed austro-ungarico, in una guerra di posizione logorante, alla fine eroicamente vinta dai nostri soldati. Il conflitto ha lasciato sul nostro territorio numerosi resti: trincee, forti, postazioni sono sparsi dal Pasubio all'altopiano di Asiago, a imperituro ricordo di quel tragico periodo. La libertà e l'indipendenza sono oggi valori dati come acquisiti per sempre, quasi scontati. Essi, allora, costarono enorme sacrificio di vite, sofferenza morale e fatica fisica, per i soldati, le loro famiglie e le città che ospitarono, loro malgrado, la guerra. Ricordare coloro che, in quel tempo, si sacrificarono e soffrirono per la libertà e l'indipendenza dell'Italia è un imperativo categorico, oggi, per tutti, in modo particolare per un militare: visitare i luoghi della guerra e i cimiteri, gli ossari, i sacrari elevati a coltivare la memoria di vincitori e vinti (accomunati nel martirio) è segno di rispetto ad onore dei caduti ed è il modo più adatto per conoscere la storia “sul campo” ove si svolse, e a capire quindi di quale dimensione fu il sacrificio dei combattenti. Durante le mie visite a tali evocativi luoghi della memoria raccolgo e annoto notizie ed emozioni: le racconterò, a puntate monografiche, su “Sciarpa Azzurra”. Il viaggio attraverso i luoghi della Prima Guerra Mondiale partirà dal Sacrario Militare di Schio e toccherà, tra le sue tappe, il Sacello Ossario del Pasubio, i Sacrari del Cimone, di Asiago e di Arsiero, l'area del Monte Novegno, il Castello di Velo d'Astico, alcuni forti della zona ed anche monumenti, iscrizioni, cippi di carattere militare, legati non solo al conflitto del 1915/1918, ma anche a guerre precedenti e successive. Se qualcuno dei lettori volesse segnalarmi qualche particolare escursione (nella zona dell'alto vicentino), lo faccia tramite la sezione UNUCI di Schio, sarò lieto di ricevere tali suggerimenti.

Pubblicato sul numero 1/2003 di “Sciarpa Azzurra”, periodico dell'U.N.U.C.I. di Schio e Alto Vicentino

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SACRARIO MILITARE DELLA SS. TRINITA' IN SCHIO
Ten. CC. Guido Gussetti

Tra le cose belle di Schio, quelle che un abitante dovrebbe conoscere e che un turista dovrebbe visitare, c'è il Sacrario militare della SS. Trinità. Questo luogo si trova di fronte all'antica Chiesa di San Francesco, ai limiti della pianura, poco prima che il pendio inizi a salire verso le colline. Dando le spalle all'ingresso dell'area del Sacrario, si può ammirare la cornice montuosa che fa da sfondo e che fu teatro della difesa italiana nella Prima Guerra Mondiale: da nord-est a nord-ovest si vedono stagliarsi nel cielo in primo piano la mole vicina e inconfondibile del Summano, la linea dolce del Tretto, il massiccio del Novegno, cui si accompagna, più in basso, il Monte Enna; in secondo piano si intravedono il sacro Pasubio, la catena frastagliata del Sengio Alto e, dietro, il Carega, infine si degrada verso il Civillina e lungo la dorsale dei colli sopra Magrè, che continua sino a Vicenza, in mezzo alla pianura. Questo di Schio è un tipico sacrario militare "di città": a differenza dell'altro tipo principale di sacrario, ovvero di quel tipico luogo isolato dedicato al ricordo dei Caduti in un dato luogo e in una data guerra (esempio ne è il Sacello Ossario del Pasubio), nel Sacrario di Schio sono commemorati i cittadini caduti per la Patria nelle varie guerre, in vari luoghi combattute. L'area del Sacrario è costituita da un chiostro, al cui interno sorge un giardino, chiuso dalla Chiesa dedicata alla SS. Trinità, con annesso campanile; tra la Chiesa e la strada lo spazio è occupato da un cortile ghiaioso e da spicchi di prato. Per chi accede all'interno del recinto, costituito da un'elegante cancellata, all'estrema sinistra si trova, infine, l'abitazione del custode. La storia della SS. Trinità è storia che riguarda tutta la città: in origine, qui sorse un oratorio, risalente al Quattrocento; di esso rimangono alcuni resti ancora presenti nella Chiesa, sin dall'inizio dedicata alla Trinità, costruita una prima volta nel Settecento e poi rieretta nella seconda metà dell'Ottocento. Fino al 1890 in quest'area sorse anche il Cimitero civile di Schio, in quella data spostato nella sede attuale; negli anni tra il 1923 ed il 1925, presso la Chiesa della SS. Trinità, veniva completato il Cimitero Militare, inaugurato il 4 novembre del 1925 e visitato, come ricordano alcune iscrizioni visibili presso la Chiesetta, dal Re Vittorio Emanuele III nel 1926 e dal Principe Umberto di Savoia nel 1929. Alla piccola Chiesa barocca, ad una navata decorata con affreschi, si accede da un elegante pronao; l'interno reca, tra l'altro, il lapidarium, nel quale, sono ricordati gli scledensi caduti e dispersi durante le guerre d'indipendenza, tra i Mille garibaldini, nelle Campagne d'Africa (Eritrea e Libia), durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Toccante è, in particolare, la visita al Chiostro dei Caduti del '15-'18: a ferro di cavallo, semplice e sobrio, il Chiostro degli Eroi raccoglie, sotto uno snello porticato, i Resti di 5075 combattenti della Prima Guerra Mondiale. Al centro sta il Famedio dei decorati al valore, con il busto bronzeo del Generale Pecori Giraldi, comandante della I Armata vittoriosa sul Pasubio; da qui partono, a destra e a sinistra, i bracci del Chiostro, nel quale sono murati i loculi dei Caduti, commemorati per grado, nome e cognome, mentre alcune lunette ricordano i Caduti Ignoti. Al centro del giardino racchiuso tra il Chiostro e la Chiesa, sorge l'Ara dei Partigiani, che militarono nelle Brigate "Martiri della Val Leogra", "Pasubiana" e "Pino", e i nomi dei quali sono ricordati nelle due lapidi qui erette. Sulla parete laterale posteriore della Chiesa sono murate le iscrizioni recanti il mitico Bollettino della Vittoria, un bollettino della 44^ Divisione e l'ordine del giorno del 26 maggio 1915 (dichiarazione di guerra). A simbolica difesa del Sacrario, stanno due cannoni e due obici, oltre ad un bellissimo cannone veneziano fuso a Bergamo nel 1715. Il giardino, con i suoi eleganti cipressi, il suo minuto e slanciato campanile, è un'oasi di pace e meditazione, nonostante il traffico continuo che prosegue incessante lungo la strada: dà serenità una sosta qui, ogni tanto, a salutare chi diede la vita per la propria Patria. Come poeticamente recitava un'iscrizione, un tempo apposta all'entrata del Primo Cimitero Militare della SS. Trinità: "Qui conosciuti Eroi - Martiri ignoti, la semenza gentil del patrio amore nutron sotterra e il culto dei viventi ne svolge il giorno, ne sprigiona il fiore".

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SACRARIO MILITARE DEL PASUBIO
Ten. CC. Guido Gussetti

Il Sacello Ossario del Pasubio sorge in mezzo ai boschi, a quota 1217 metri s.l.m., alla base del versante meridionale della piccola catena montuosa del Sengio Alto, di fronte al massiccio del Pasubio, in posizione dominante sulla Val Leogra. Il monumento fu realizzato nel 1926 a cura della Fondazione 3 novembre 1918, a ricordo dei combattenti della I Armata caduti sull'area del Pasubio, che fu uno dei perni della eroica difesa italiana nella Grande Guerra. Le operazioni militari svoltesi in questa zona videro una prima fase favorevole agli Italiani; nel maggio del 1916 gli austriaci, con la “Strafe - Expedition” (spedizione punitiva) tentarono di sfondare il fronte nemico al fine di dilagare nella pianura veneta, ma, dopo aver conquistato alcune posizioni montane, non riuscirono a vincere la resistenza italiana; dal giugno del 1916 in poi, il Pasubio fu teatro di una cruenta battaglia di logoramento, fatta di attacchi, ripiegamenti, consolidamenti, sconfitte parziali, conquiste temporanee di territori, devastante guerra di mine, edificazione di fortificazioni di alta ingegneria militare; il Pasubio rimase sempre baluardo della difesa italiana e da qui partì lo slancio verso la definitiva Vittoria di fine 1918. L'accesso alla zona sacra si trova al termine della strada statale nr. 46 “del Pasubio”, a circa un chilometro e mezzo dal Pian delle Fugazze: al di là della cancellata d'ingresso, in fondo al piazzale che funge da parcheggio, è ubicata una palazzina, ove hanno sede il piccolo museo storico e l'abitazione del custode; a sinistra, al termine di un piccolo vialetto, c'è la torre Sacello, la cui gradinata di entrata dà sulla Val Leogra. L'ingresso dell'Ossario, che occupa la base della torre, è rivolto a monte e dinanzi ad esso c'è un piccolo spiazzo nel quale stanno, oltre alla Bandiera tricolore (a lato della torre), alcuni obici e cannoni, italiani ed austro-ungarici, della Prima Guerra Mondiale. Il luogo è caratterizzato da silenzio e pace: la quiete naturale della montagna si integra idealmente con la sacralità del Sacello monumentale, e favorisce nel visitatore la meditazione e la conoscenza di ciò che il Sacrario rappresenta, ed il ricordo dei numerosi Caduti qui tumulati. Tanti Caduti, ho scritto: 5017 Italiani e 60 Austriaci, i Resti dei quali, noti e ignoti, riposano nelle due gallerie concentriche alla base della torre e nella cripta centrale dell'Ossario. All'ingresso è apposta una significativa iscrizione: “Vigilante il Pasubio: i custodi invitti all'ombra della Croce dormono in pace”. La cripta, in particolare, raccoglie i Resti di 70 decorati al valor militare e nel 1952 vi fu tumulata la Salma del Generale Guglielmo Pecori Giraldi, Maresciallo d'Italia, comandante della I Armata dal maggio 1916 sino alla Vittoria del novembre 1918. Percorrendo il giro esterno della torre, ci si porta alla base della gradinata, in cima alla quale si accede al Sacello; da qui il panorama è ampio sino ad abbracciare la pianura di Schio e oltre. Di fronte sta il Pasubio, sul quale coloro che qui sono sepolti morirono giovani, combattendo per l'Italia, poco più di 80 anni fa. Al di là dell'ingresso al Sacello, subito si trova una cappella affrescata e munita di vetrate artistiche, con una statua della Madonna. Si salgono le scalette, in penombra: si giunge al primo piano, sempre affrescato, poi al secondo piano, ove le pareti sono decorate con scene guerresche e con i nomi di luoghi di battaglia della zona. Per arrivare alla sommità della torre si deve salire una ripida scala a pioli, in ferro; la cima ha decorazioni ormai consumate dal tempo. Ritornati fuori dal Sacello e ripercorso all'indietro il giro esterno della torre, si legge una sintetica, eppure pregnante iscrizione: “La Prima Armata infranto due volte l'orgoglio nemico balzò dal Pasubio al Brennero assicurando all'Italia i suoi termini sacri. 1915 - 1918”. Per completare la visita, è molto interessante il museo storico allestito nella palazzina: vi si trovano reperti bellici quali armi, uniformi, strumenti, monete, equipaggiamenti, oltre che numerose lettere, fotografie, mappe, cartoline e alcune lastre informative sulla storia del Pasubio nella Grande Guerra. Chi visita questo Sacrario conosce un importante pezzo di storia militare, fatta di strategia, ma soprattutto di fatica, sacrificio quotidiano ed eroismo, e se ne va riflettendo sulla sofferenza provata da chi qui perse la vita combattendo per la propria Patria.

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OSSARIO DEL MONTE CIMONE
Ten. CC. Guido Gussetti

L'Ossario del Monte Cimone sorge in cima alla montagna che domina sulla Valdastico, a quota 1226 s.l.m. Il monumento è raggiungibile principalmente per due vie: la prima, più comoda, parte da Tonezza e, percorrendo una strada asfaltata, in morbido declivio si congiunge ad un breve sentiero, che conduce alla sommità del Cimone passando tra boschi di latifoglie, ricchi di testimonianze affioranti della Prima Guerra Mondiale. Il percorso è infatti accompagnato da trincee, camminamenti, appostamenti per l'artiglieria, che sbucano a destra e a sinistra, di continuo, sino al termine del cammino. La seconda via, per amanti delle passeggiate in montagna, parte da Arsiero e si porta sino all'Ossario seguendo un sentiero parimenti impegnativo e suggestivo, per la ripidità dell'ascensione, per la bellezza dei panorami e per l'abbondanza di resti militari che lo costeggiano. La vetta del Cimone, sotto la quale fu scavata una lunga galleria, è mozzata, amputata: il 22 settembre del 1916, in piena “spedizione punitiva”, nel tentativo di sfondare la resistenza italiana (che, invece, resse eroicamente), gli Austriaci fecero saltare una mina di 14.200 chilogrammi sotto le postazioni nemiche: lo scoppio uccise, secondo quanto narrato da una lapide dell'Ossario, mille soldati Italiani e creò il cratere sopra il quale, nel 1929, fu costruito il monumento, a perenne memoria dei caduti del 1915/1918 nelle battaglie combattute per la conquista di questa montagna, avente posizione strategica per il controllo delle valli circostanti. Il panorama dall'Ossario è veramente ampio e splendido: l'orizzonte è segnato di continuo da altri luoghi della Grande Guerra, che qui vide fronteggiarsi gli eserciti con grande asprezza e in condizioni di vita molto dure; queste terre recano ancor oggi, quasi un secolo dopo, le ferite dei combattimenti, ricche come sono di trincee, forti, camminamenti e altri resti che il tempo non ha ancora cancellato. Si spazia dalla cima dello Spitz, che svetta dall'altra parte di Tonezza, al Toraro, al Tormeno, poi ancora al Monte Maggio ed al Pasubio, sotto il quale si intravede la val Posina; di fronte sorgono il Priaforà ed il Summano, mentre in basso serpeggia la Valdastico con il suo brulicare di strade e di paesi; continuando a girare lo sguardo verso sinistra, ad altezza quasi pari si incontra l'Altopiano di Asiago, con il baluardo del Monte Cengio e le prime case vicino a Rotzo. L'Ossario è una torre appuntita in pietra rocciosa, fornita di una lunga scalinata di accesso sul lato nord; si può entrare anche da sud, girando attorno al monumento lungo un sentiero, che porta alla piccola rampa d'ingresso che dà sulla Valdastico. “Sepolti da mina nemica qui dormono mille figli d'Italia. 22 Settembre 1916”, recita un'iscrizione sul versante meridionale dell'Ossario, a ricordo della tragica esplosione dell'ordigno austriaco. Un'altra lapide, sul versante settentrionale, ricorda: “Sul martoriato Cimone le gesta di nostra gente eccelsero per audacia. 24 luglio 1916”. All'interno della bella cuspide di roccia un masso funge da altare. Nel soffitto, una lapide ricorda che qui è sepolto anche l'architetto del monumento, l'ingegnere vicentino Thom Cevese (1886/1947), mentre un'ultima iscrizione rammenta il sacrificio dei finanzieri che qui combatterono nel drammatico luglio del Sedici. Gli avanzi delle costruzioni militari, l'Ossario con le sue lapidi, una guida sui fatti bellici qui avvenuti aiutano la comprensione di ciò che accadde; la serena solitudine del monte lascia tempo e spazio alla riflessione e all'omaggio del ricordo. A conferma dell'importanza di tale luogo della memoria nella storia, l'Ossario del Cimone, assieme ai Sacrari del Pasubio, del Grappa e di Asiago-Leiten, è rappresentato nei quadranti dello stemma della Provincia di Vicenza.

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SACRARIO MILITARE DI ASIAGO - LEITEN
Ten. CC. Guido Gussetti

Proprio al centro dell'altopiano dei sette Comuni sorge il Sacrario militare di Asiago, in località Leiten. L'arco, in luminosa pietra bianca, è veramente monumentale; spicca in mezzo al verde dei boschi e dei prati, posto com'è sulla sommità di un piccolo colle, a due passi dal centro di Asiago. Asiago fu uno dei principali teatri di azioni belliche nel corso della Prima Guerra Mondiale: doverosa è quindi la presenza del Sacrario in questo luogo, a memoria perenne dei numerosi Caduti per la Patria nella zona dell'altopiano, dal Monte Cengio all'Ortigara, dal Portule, a picco sulla Valsugana, sino ai centri abitati, nei quali la battaglia divampò furente, e alle alture meridionali, che preludono alla discesa verso la pianura veneta. Proprio la pianura e le città venete erano gli obiettivi strategici degli attacchi austriaci: se i nostri antichi nemici avessero superato la difesa italiana ad Asiago, avrebbero avuto vita facile nel prendere i nodi logistici di Vicenza, Padova, Verona. Cruciale, quindi, per gli esiti della Grande Guerra, fu il successo della difesa italiana, in particolare nei momenti tragici della Strafexpedition (spedizione punitiva) del maggio-giugno 1916, e dopo la rotta di Caporetto, da ottobre a dicembre 1917. La tenuta del fronte italiano in questa zona fu necessario viatico del ribaltamento di ruoli finale: gli Italiani attaccarono gli Austro-ungarici nell'ottobre 1918, li inseguirono sino a Trento e poi, a risalire, sino al confine naturale delle Alpi, al Brennero, dove si trova ancora, da quel lontano inverno di più di 80 anni fa, il confine (oggi) pacifico tra Italia e Austria. Ma torniamo al Sacrario, costruito subito dopo la Guerra e progettato per poter essere ammirato da ogni punto dell'Altopiano dei Sette Comuni. Si accede al monumento da via degli Eroi (nome appropriato). Al culmine di una graduale salita asfaltata, delineata da alti cipressi, superata una breve scalinata, si giunge all'ingresso alla Cripta, ricavata in un unico piano rialzato, di forma quadrata. Lungo il perimetro interno del vano sono disposti i loculi di 12.795 Caduti italiani noti della Prima Guerra Mondiale e di 3 Caduti italiani noti della Seconda: i nomi dei soldati sepolti sono iscritti sui loculi stessi. 12 Caduti italiani decorati con Medaglia d'oro al valor militare riposano tra i Caduti noti. La Cripta, oltre che dalle gallerie perimetrali, è attraversata da due gallerie assiali: nel punto d'incontro di tali gallerie si trova la Cappella Votiva, mentre lungo le pareti delle gallerie, vicino alla Cappella, sorgono due grandi tombe comuni, nelle quali sono contenuti i resti di 21.491 Caduti italiani ignoti. All'interno dell'Ossario riposano anche 20.00 Caduti austro-ungarici, dei quali 8.238 noti, provenienti da vecchi cimiteri di guerra di varie località italiane. Usciti dalla Cripta, si sale sulla terrazza, al centro della quale fu eretto l'imponente arco quadrifronte, alto 47 metri. Sul parapetto della terrazza sono incisi i nomi delle località circostanti dove si svolsero i combattimenti, incessanti per tutta la durata del conflitto. Presso la Cripta si trova anche un curato Museo Storico, nel quale sono esposti cimeli, documenti, fotografie, cartine, tabelloni sulle principali tappe della Grande Guerra nella zona; c'è anche la lettera di un Caduto, ritrovata sull'Ortigara. Nell'area sacra c'è anche una palazzina ove si possono visionare documentari originali dell'epoca, in videocassetta. Tornando per un momento sulla terrazza, il panorama è bellissimo, spazia su tutta l'altura, sui paesi, sui prati, sui boschi, sulle montagne: anche soltanto la vista che da qui si gode merita la gita al monumento. Al di là delle battute, non si viene qui solo per il panorama: è istruttivo conoscere e vedere i luoghi della battaglia, oggi luoghi ameni, di villeggiatura, allora luoghi di morte, distruzione, sofferenza patite da molti giovani che qui si spensero, pagando il prezzo più alto (la propria vita) per la Patria, per l'indipendenza che oggi pare scontata, ma allora non lo era affatto. Come ogni visita ad un Sacrario, si volge un doveroso pensiero di riconoscenza ai Caduti e si acquisisce la conoscenza dei fatti, perché tale conoscenza aiuta a pensare anche ai problemi di oggi, al fatto che alcune cose di cui godiamo e che diamo per scontate e indiscutibili, furono in realtà frutto di aspra contesa, di sacrificio, di guerra, insomma, sono costate molto, non sono gratuite: queste “cose” sono i valori della vita umana e della libertà, oltre che la coesistenza pacifica, almeno tra i popoli e i paesi dell'Europa attuale.
Pubblicato sul numero 1/2005 di “Sciarpa Azzurra”, periodico dell'U.N.U.C.I. di Schio e Alto Vicentino


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TRA BASSANO E IL MONTE GRAPPA
Ten. CC. Guido Gussetti

Bassano e il Monte Grappa sono luoghi di grande interesse per gli appassionati di storia militare e tappe obbligate per chi voglia rendere omaggio ai Caduti della Grande Guerra. Il massiccio del Grappa confina ad ovest con l'altopiano di Asiago, da cui lo separa la Valsugana, solcata dal fiume Brenta; ad est le prealpi proseguono lungo il Monte Tomba ed il Montello, oltrepassano il Piave e giungono fino al Cansiglio e a Vittorio Veneto; l'area ospitò, suo malgrado, tre anni di durissima guerra di trincea in territorio montuoso, decine di migliaia furono i Caduti, le cicatrici ed i resti dello scontro bellico affiorano ancora numerosi, a distanza di novantanni da quei fatti. Il superamento della difesa italiana sul Grappa e la conquista di Bassano - come analogamente accadde nelle zone limitrofe del Pasubio sopra Schio e dell'altopiano di Asiago sopra Thiene - costituiva l'obiettivo degli austro-ungarici; se avessero preso le città poste al di qua dei monti, avrebbero avuto facile accesso alla pianura, avrebbero potuto prendere alle spalle le nostre truppe schierate sul Piave e l'Italia sarebbe difficilmente riuscita a risollevarsi e a vincere la guerra, cosa che invece poi avvenne. Il sacrificio sopportato dalle Forze Armate italiane fu gigantesco in termini di vite, sforzi, sofferenze; grazie a quel sacrificio l'Italia respinse il nemico e infine lo sconfisse. Un itinerario che tocchi Bassano ed il Grappa, dal punto di vista militare, è quindi quanto mai ricco e vario, perché numerosi sono i luoghi di interesse storico-militare che meritano una visita. Partiamo dalle tappe in città. Il Ponte degli Alpini, simbolo di Bassano, si trova nel cuore del centro storico e collega la parte più antica della città ad Angarano, superando il Brenta; fu progettato nella seconda metà del Cinquecento da Andrea Palladio e più volte distrutto nei secoli, l'ultima volta dai tedeschi durante la Seconda Guerra mondiale. Nella taverna che si trova all'inizio del ponte, dalla parte del borgo di Angarano, ha sede uno splendido Museo del Ponte degli Alpini, allestito su varie sale, nelle quali sono conservati numerosi reperti risalenti alle due guerre mondiali, oltre alla ricostruzione di una trincea del 1915/1918. Doverosa è poi una sosta all'imponente Tempio Ossario di Bassano del Grappa, in Piazzale Cadorna, cioè nella zona meridionale immediatamente a ridosso dei bastioni e del centro storico bassanese. La storia di questo sacro luogo è ricca di peripezie e di colpi di scena: concepita, dopo annose dispute cittadine, come nuovo Duomo di Bassano, l'opera fu iniziata a inizio Novecento, ma i fondi finirono presto e i lavori rimasero bloccati per qualche decennio, sino a che, a Grande Guerra finita, l'originario progetto fu mutato in edificazione del Tempio Ossario, inaugurato nel maggio del 1934 alla presenza, tra gli altri, del Principe Umberto di Savoia, del Duca d'Aosta e dei Generali Giardino (comandante dell'Armata del Grappa, la sua imponente statua indica la vetta del monte sacro alla Patria dal viale delle Fosse) e Faracovi (Alto Commissario governativo per le onoranze ai Caduti). Nel Tempio Ossario furono traslate le Salme di circa 5500 Caduti, prima inumate presso quarantasei cimiteri della pedemontana circostante. I loculi sono disposti lungo le pareti delle due navate laterali e della cripta, sotto l'abside. Non vi sono Caduti ignoti: questo Tempio, infatti, dà per lo più riposo a soldati rimasti feriti gravemente al fronte e poi deceduti negli ospedali da campo; sono state qui tumulate, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, anche un centinaio di salme, in parte di civili morti sotto i bombardamenti su Bassano nel febbraio del 1945, in parte di partigiani massacrati dai tedeschi, in parte di soldati feriti in Albania e deceduti in Patria. Un altro luogo sconosciuto ai più, eppure interessante per l'originalità degli argomenti trattati, è il Museo Storico permanente allestito in via Ca' Erizzo, sul lungobrenta di Bassano; il piccolo museo è intitolato “Hemingway, Americani e Volontariato in Italia nella Grande Guerra” e vi si trovano fotografie e pannelli esplicativi relativi alle battaglie sull'Isonzo, alla rotta di Caporetto, all'ingresso decisivo degli Stati Uniti d'America in guerra, al Volontariato nella Pedemontana e nella zona di Schio e del Pasubio, alle battaglie sul Piave e a Vittorio Veneto. Terminate le tappe in città, si sale sul Grappa, “monte sacro alla Patria” dall'altitudine di 1700 metri sino alla vetta, posta a quota 1775 metri s.l.m. L'intero massiccio montuoso, che si divide tra le province di Vicenza, Belluno e Treviso, è un gigantesco museo all'aperto disseminato di trincee, camminamenti, postazioni e altri resti della guerra, che qui divampò per tre lunghi anni. La strada che conduce alla cima parte da Romano d'Ezzelino e fu realizzata nel 1916-1917 per favorire il transito delle colonne militari; è denominata “strada Generale Luigi Cadorna” (Comandante Supremo dell'Esercito Italiano nei primi anni della Grande Guerra) ed è lunga 30 chilometri. Lungo il tragitto, in località ponte San Lorenzo, un cippo ricorda il luogo ove giunsero le pattuglie austriache nel momento di massima penetrazione in territorio italiano: “Qui giunse il nemico e fu respinto per sempre 15 giugno 1918 Roma eterna ne segnò il ricordo”. Si raggiunge Cima Grappa: il panorama, a 360 gradi, è straordinario. Nel 1935, sulla sommità del monte, fu eretto il Sacrario militare degli Italiani, in cui sono custodite le spoglie di 12615 Caduti (10332 ignoti). La costruzione del Sacrario, la cui progettazione fu affidata agli stessi ingegneri che avevano elaborato la galleria Vittorio Emanuele III (Greppi e Castiglioni), venne iniziata nell'ottobre del 1925; nel 1931 l'originario progetto fu modificato per alcune difficoltà tecniche incontrate durante la realizzazione. Il monumento fu inaugurato alla presenza del Re il 23 settembre 1935; esso è strutturato su cinque grandi muraglioni semicircolari concentrici (alti ciascuno quattro metri), che si affacciano sulla pianura. Una gradinata centrale sale attraverso i muraglioni, nei quali riposano le salme dei Caduti, ricordati ognuno da una lapide bronzea che ne riporta il nome e le decorazioni al valor militare. Al centro del Sacrario stanno le tombe del Maresciallo d'Italia Generale Gaetano Giardino (morto nel 1935 e, per suo desiderio, qui sepolto) e della moglie. Sulla sommità del monumento è eretto il tempietto della Madonnina del Grappa: la statua della Madonna rimase mutilata da una granata nemica nel gennaio del 1918. Di fronte, è profondamente suggestivo camminare lungo la via Eroica, che conduce al solenne Portale commemorativo (offerto dalla città di Roma: doveva fungere da ingresso nell'originario progetto) ed al museo, ospitato nella Caserma Milano: quel maestoso passaggio in pietra è fiancheggiato, dall'una e dall'altra parte, da 14 Cippi dedicati ai principali siti bellici della zona. Il portale supporta il primo verso della canzone del Grappa (parole di De Bono, musica di Meneghetti): “Monte Grappa tu sei la mia Patria”; sopra il portale c'è un bell'osservatorio, munito di cartina in bronzo. Poco distante, con accesso da piazzale Milano, si può visitare la galleria Vittorio Emanuele III, imponente opera d'ingegneria militare, progettata dal Colonnello del Genio Gavotti e scavata in 10 mesi di frenetico lavoro nel 1917-1918 sotto il crinale; essa si sviluppa per circa 5 chilometri, con tunnel secondari e caverne, è alta tre metri e larga due. Se ne possono oggi visitare soltanto 800 metri, adeguatamente illuminati. Qui vivevano e qui combattevano i soldati italiani nella Grande Guerra (circa 15000 uomini !). Vicino all'ingresso della galleria un cippo ricorda il sacrificio dei partigiani, che sul Grappa salirono durante la Resistenza. Nel vicino Cimitero austro-ungarico a due piani sono sepolti 10590 Caduti, dei quali 10295 ignoti. Il dovuto omaggio ai Caduti si lega alla conoscenza dei fatti accaduti sul Grappa durante la Grande Guerra. Fu soprattutto dal 1917, dopo la rotta di Caporetto, che questo massiccio assunse rilevante importanza: esso costituì lo sbarramento del settore montano tra il Brenta e il Piave. Le truppe italiane in ritirata vi giunsero logore, in condizioni di drammatica difficoltà; i nemici attaccarono con veemenza il 14 novembre 1917 e continuarono a spingersi contro gli Italiani, usando tutti i mezzi di cui avevano la disponibilità: granate di grosso calibro, lancia fiamme, gas asfissianti, incessante fuoco di artiglieria pesante. Le perdite, da ambo le parti, furono molto ingenti, ma i nostri arrestarono il nemico e il 26 novembre 1918 lo respinsero, ponendo termine con successo (pur nelle condizioni di inferiorità numerica e di grande difficoltà conseguenti alla ritirata appena effettuata da Caporetto) alla prima battaglia difensiva. L'11 dicembre 1917 il nemico ripartì all'attacco, ma i suoi tentativi vennero nuovamente vanificati e gli Italiani, il 21 dicembre, riconquistarono parte del Monte Asolone, una delle vette del massiccio. Durante l'inverno furono approntati numerosi lavori di ingegneria militare fortificatoria (galleria Vittorio Emanuele III). La notte del 15 giugno 1918 la Quarta Armata dell'Esercito Italiano, comandata dal Generale Di Robilant prima, dal Generale Giardino poi, subì una nuova offensiva nemica (“battaglia del Solstizio”); ancora una volta gli Italiani resistettero eroicamente, facendo così fallire il piano austriaco volto a conquistare la pianura.. La seconda battaglia difensiva era vinta. Gli Italiani, infine, attaccarono all'alba del 24 ottobre 1918 e, dopo cinque giorni, gli austriaci vengono travolti e si ritirarono: gli Italiani potevano finalmente scendere verso Feltre e verso le agognate valli trentine. Al termine della visita, il più appropriato dei saluti da porgere a coloro che, qui Caduti, qui riposano, risulta quello scolpito a caratteri cubitali in cima alla gradinata del Sacrario: “Gloria a voi soldati del Grappa”.

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SACRARIO DI REDIPUGLIA, COLLE DI SANT'ELIA E MONTE SEI BUSI
Ten. CC. Guido Gussetti

Quello di Redipuglia è il più grande e maestoso dei Sacrari Militari Italiani. Fu elevato nel 1938, su progetto dell'architetto Giovanni Greppi e dello scultore Giannino Castiglioni, sul versante occidentale del Monte Sei Busi, altura che fu teatro di aspre battaglie tra i contrapposti eserciti italiano ed austro-ungarico, perché posta in posizione strategica nell'area del confine nordorientale. Siamo nel cuore dell'antico fronte, in quella zona tra l'Isonzo e il Carso ove la Guerra fu combattuta tragicamente per tutta la sua durata (dal maggio 1915 al novembre 1918), fino alla Vittoria italiana finale. Il luogo è profondamente suggestivo: in auto si giunge proprio alla base del Sacrario, detto “dei Centomila” poiché i Caduti che qui riposano sono 100.187 . Il Monumento si svela immediatamente nella sua candida maestosità e nella sua simbolica ascesa al cielo. La scalea, costituita da 22 imponenti gradoni delle tombe, scandita dal ripetersi incessante, a caratteri cubici, della parola “Presente”, rappresenta lo schieramento di una Grande Unità. Alla testa c'è la tomba del Comandante della Terza Armata, Emanuele Filiberto Duca d'Aosta (morto nel 1931 e per sua volontà qui sepolto) fiancheggiato da quelle dei Generali (Chinotto, Monti, Paolini, Prelli, Riccieri), suoi sottoposti, Caduti in combattimento. Si accede al Sacrario superando una catena d'àncora, che fu della torpediniera “Grado”; attraversato il piazzale in pietra del Carso, al cui centro sta la Via Eroica, delimitata da 19 lastre di bronzo sulle quali sono incisi i nomi di importanti battaglie della Grande Guerra, si accede ai gradoni. Ai lati, comode scalinate consentono di visitare il Monumento. All'ingresso, sulla destra, una epigrafe recita: “Non curiosità di vedere ma proposito di ispirarvi vi conduca”. Faccio proprio il monito, ma l'ispirazione è già destata dalla solennità connaturata al luogo. Qui sta la Truppa: 39.857 soldati noti sono sepolti nelle urne site nei gradoni, mentre sul loro frontale esterno i Caduti sono ricordati in ordine alfabetico con una lapide bronzea. Alla cima della scalea c'è la Cappella Votiva, ai cui fianchi stanno le tombe comuni di 60.330 Caduti ignoti, oltre ai sacelli di 72 marinai e 56 finanzieri. Sopra la Cappella sorgono tre Croci di bronzo. Da qui il panorama è splendido, l'orizzonte lungo, sopra i luoghi dove la Grande Guerra divampò crudele. Dietro la sommità, ormai siamo sull'altura del Monte Sei Busi, c'è un piccolo Osservatorio, mentre subito dietro la Cappella Votiva due sale conservano interessanti cimeli della Prima Guerra Mondiale: una sala è dedicata alle Medaglie d'Oro, l'altra raccoglie ricordi e fotografie dei soldati. Sceso dal Sacrario Militare, vado a visitare il Colle di Sant'Elia, che si trova di fronte al Monte Sei Busi, oltre la strada: qui fu ospitato, dal 1929 al 1938, il Cimitero Militare “agli Invitti della Terza Armata”, poi traslato nell'attuale Sacrario dei Centomila.santelia.jpg Fino al 1938, prima che il Sacrario fosse completato, il Colle di Sant'Elia fu il più vasto Cimitero Militare del Mondo, con le sue 30.000 salme, raccolte nei piccoli cimiteri di guerra della zona circostante. Oggi il Colle è un Parco della Rimembranza, munito, tra alti cipressi, di cimeli di guerra, opere militari, trincee, gallerie, postazioni, cannoni. Sulla sommità (ove un tempo sorgeva una piccola Cappella Votiva) si trova un basamento al centro del quale è stata posta una colonna romana proveniente da Aquileia. Il luogo è sereno e tranquillo, nei pressi c'è il Museo Cimeli Storici all'interno della “Casa 3^ Armata al Colle S.Elia”: l'esposizione presenta armi, munizioni, vestiario militare, mezzi, mappe di grande interesse e veramente di aiuto per comprendere quali furono i fatti che in questi dintorno si svolsero, quale vita d'inferno vissero i combattenti, quanti morirono per la Patria. La visita ha fine, serbo il ricordo forte e commovente di quanto ho visto, rammentando le parole incise all'uscita del Sacrario: “O viventi che uscite se non vi sentite più sereno e più gagliardo l'animo sarete qui venuti invano”.
Pubblicato sul numero 2/2004 di “Sciarpa Azzurra”, periodico dell'U.N.U.C.I. di Schio e Alto Vicentino